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Conosciamo i "Cafoscarini degli anni '60"

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Sabato 30 novembre 2013 un gruppo di Cafoscarini laureatisi negli anni ’60 si è riunito per la ventiquattresima volta e abbiamo avuto il piacere di partecipare al tradizionale pranzo tenutosi nella meravigliosa cornice del ristorante da Gigetto a Miane. Presenti una trentina di ex-studenti di Ca’ Foscari. Anima e promotore della giornata è il Flavio Pilla, Dottore Commercialista di Treviso e laureatosi a Ca’ Foscari in Economia e Commercio nel 1970. Pubblichiamo con piacere una breve storia che ci racconta come sono nati i “Cafoscarini degli anni ‘60”.

 

STORIA DEI “CAFOSCARINI DEGLI ANNI ‘60”

di Flavio Pilla, presidente, segretario e tesoriere

 

Tutti credono che il merito sia tutto mio; ma io non voglio meriti che non mi spettano.
Infatti l’idea non è mia: alla fine dell’estate 1990 ricevetti una telefonata di Dino Biasotto che, a nome non solo suo, proponeva un pranzo da Lino a Solighetto, in quanto a metà strada tra noi trevigiani ed i bellunesi.
Intervenni, oltre che per aggiungere qualche nome che Dino non ricordava, soprattutto per fissare il luogo a Miane, altrettanto a metà strada, dove però avremmo trovato il proverbiale allievo che ha superato il maestro.
Il 24 novembre 1990 al dessert chiedemmo qualche foglio di carta, ci scrivemmo i nostri nomi ed indirizzi ed i nomi di qualcun altro che avremmo voluto rivedere; poi, fuori, al momento dei saluti fu deciso e che la nostra giornata sarebbe sempre stata l’ultimo sabato di novembre e che io avrei conservato gli indirizzi.
E qui vengono i miei veri meriti: dedicai un paio d’ore a trasformare i fogli in un data base, e poi, ogni anno, invio una lettera per ricordare l’ultimo sabato di novembre e cerco di aggiornare il data base (direi con scarsa collaborazione).
Un poco ho lavorato davvero solo per il decennale: mi sono divertito a scrivere lo statuto e a redigere i diplomi.


    

Così scrissi nel novembre del 2009 per il ventesimo incontro, quando fu distribuito un CD con la storia dei nostri pranzi fino ad allora (effettivamente anche per il ventennale un poco lavorai come era avvenuto per il decennale).
I diplomi del decennale (1999) assegnavano titoli graduati rigorosamente in base al numero di presenze (tra di noi non conosciamo altri titoli di merito); lo statuto aveva, e ha, esclusivamente lo scopo di chiarire che nessuno deve sentirsi in dovere di partecipare, chi viene lo fa perché ne ha voglia e per nessun altro motivo.
La mia formula è sempre stata «io avviso, ma non chiedetemi di sollecitare» (farlo mi sembrerebbe infastidire).
La formula è minimalista, ma la partecipazione è sempre stata di almeno venti persone, e non solo di trevigiani e bellunesi, perché c’è qualcuno che ogni anno parte da Milano, da Bologna e da Roma per non mancare.
Dell’attrazione è senz’altro componente importantissima la cucina di Gigetto (i menu dei primi diciannove anni sono stati riprodotti nel CD celebrativo creato per il ventennale sotto il titolo «quel che gli assenti si sono perso»), ma senz’altro, per muoversi fino a Miane, deve esserci anche la voglia di rivedersi.
Per capire quest’ultima credo sia opportuno ricordare che negli anni ’60 del secolo scorso l’università era molto più piccola di quanto non sia diventata dopo (due facoltà e tre corsi di laurea: economia e commercio, lingue e letterature straniere e lingue orientali, anche economia aziendale era di là da venire) e gli studenti che frequentavano erano davvero pochi, quindi in mensa, nei ristorantini economici e in quattro o cinque bar dei dintorni si vedevano sempre le stesse facce tanto che, alla fine, ci si conosceva tutti come in un paesino e ognuno partecipava anche emotivamente alle vicende se non di tutti gli altri, almeno di quelli che si sedevano nel suo stesso abituale bar. E così si sono formati i legami che durano ancora!
Nel 2008 ci fu un graditissimo strappo alla regola dell’ultimo sabato di novembre cui parteciparono anche molti che restano indifferenti al richiamo della cucina di Gigetto.
Il 12 aprile, dopo che, in aula magna, l’allora rettore Pier Francesco Ghetti ci ebbe descritto un’Università che non riuscimmo a riconoscere, visitammo l’edificio ristrutturato di Ca’ Foscari e di Ca’ Giustinian dei Vescovi che per noi era stata l’Università quasi intera (esistevano allora solo due o tre altri edifici) ed era diventato la sede dei soli uffici.
Di tale gita ringrazio, ovviamente a nome di tutti, ora di nuovo Umberto Olivier, mai mancato da Gigetto, che fece da tramite col rettore. Poi completammo il pellegrinaggio nei ricordi pranzando da Montin.
Quasi tutti i cafoscarini degli anni ’60 hanno partecipato, magari non da protagonisti, al ’68, però non ci viene mai voglia di palarne, forse abbiamo capito presto che era il bigbang delle idee sbagliate!
Tutte le volte che cafoscarini più “recenti” hanno saputo di quelli “degli anni ‘60” sempre sono rimasti meravigliati e affascinati, nessuno si è aggregato o ha imitato; credo che i legami che si formarono allora non si possano realizzare nel diverso modo di frequentare venuto dopo.