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Alla ricerca del tempo perduto: due Alumnae in visita all'Università Ca' Foscari Venezia

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Quest'estate l'Associazione ha avuto il piacere di incontrare due Alumnae che hanno concluso i loro studi all'Università Ca' Foscari Venezia negli anni Sessanta.
E' stato un piacevolissimo incontro all'insegna dei ricordi e le due Cafoscarine hanno pensato di raccontarci l'esperienza della loro visita con due racconti che rievocano la loro gioventù passata sui libri, non molto diversa, in fondo, all'esperienza degli studenti di oggi.
A seguire, troverete le due storie, buona lettura!

 

A`la recherche du temps perdu, Concetta Kosseim

Due signore, vivaci come un tempo, scendevano il ponte Foscari come quando da giovani studentesse frequentavano la facoltà di Lingue e Letterature Moderne con magistero di francese. Dopo tanti anni rifacevano le stesse calli, gli stessi ponti, la stessa strada che per tutta la loro vita universitaria avevano percorso, sempre insieme.

Le chiamavano a quel tempo Le Rouge et le Noir per via del colore dei loro capelli: una rossa e l’altra mora. E ora dopo oltre cinquant’anni erano ancora insieme, altro che matrimonio, un’amicizia fatta sui banchi delle elementari, un’amicizia sincera che non le aveva mai separate malgrado gli anni e la lontananza. Erano lì davanti alla cancellata della loro Università dove non c’erano più i famigerati fuori corso a tender loro l’agguato per farsi pagare da tutte le matricole dei pacchetti di sigarette e così dar loro il codicillo giornaliero come lascia passare, e loro due, forse per la loro capigliatura, o perché sempre ridenti e scherzose erano state per tutto il primo anno prese di mira!

Ora invece ad accoglierle c’era un giovane alto, Marco, direttore dell’Associazione Ca’ Foscari Alumni, che venne loro incontro e le fece entrare nel cortile. Lo sguardo della Rossa cominciò a girare e vide subito un piccolo caffè ristorante che ai suoi tempi non c’era; ricordava invece il pozzetto veneziano con il glicine, ma le parve spostato. I ricordi tuttavia cominciavono ad affiorare uno ad uno: il banco di marmo vicino alla cancellata e le sembrava di vedere lì sedute Marcella, Dina e Elsa le tre amiche che insieme a loro facevano parte del gruppo le BABE DE CA’FOSCARI.  Si sedevano sempre lì ad aspettarsi, a discutere del più e del meno ma sopratutto di esami. L’ultimo anno poi non si chiamavano più per nome, ma ognuna aveva preso il nome dell’argomento della tesi che avrebbe dovuto sostenere. Così la Rossa era diventata Alain Robbe-Grillet, la sua amica Mora era diventata la Surrealista, Marcella la Belle Epoque, e così via...

Dopo i convenevoli, le due amiche cafoscarine si diressero verso l’androne attraverso delle magnifiche vetrate che si aprono in un luminosissimo piano terra: un tempo era molto scuro quasi buio e affollato da studenti che in coda aspettavano il loro turno allo sportello della segreteria, per iscriversi, o all’anno accademico, o agli esami la cui richiesta doveva essere fatta al Chiarissimo Rettore Italo Siciliano in carta bollata da lire 500. Ora l‘androne é un bellissimo salone illuminato da preziose lampade di Murano. E per iscriversi non è più necessario andare in Segreteria, ma è sufficiente usare un computer, progres oblige!

La Rossa parlava e i ricordi si sciorinavano dall’una all’altra amica in un misto di italiano e veneziano: - Ti te ricordi quando Siciliano arrivava ae diese de mattina in motoscafo, entrava in androne  avvolto sempre nel suo mantello nero e al solo vederlo tutti stava ziti -. Un silenzio improvviso infatti regnava non appena un ronzio intenso riempiva tutto l’androne, poi Siciliano prendeva l’ascensore e spariva e il mormorio e la confusione studentesca riprendevano.

Quante ansie e timori aveva sempre suscitato il Rettore, professore di francese, la cui fama arrivava anche all’estero. Eppure al momento della laurea si dimostrava umano e capace di apprezzare i meriti dei suoi studenti più assidui e bravi.  Certo voleva farla sudare questa loro laurea!

Le due signore erano là, con la loro bella età , da non confessare, a rivivere quei tempi e a ricercare tutto un passato lontano. Erano le testimonianze viventi di tutti quei studenti tartassati e vittime a volte di severità incontestabili e incomprensibili, erano le superstiti di tutta una generazione studentesca degli anni ’60. Infatti si erano laureate prima della famosa contestazione del ‘68   quando anche le regole degli esami cambiarono per facilitare giustamente lo studio e l’apprendimento di una lingua straniera.

Comunque, anche loro due si erano brillantemente laureate e il Rettore allora raccomandò la Rossa al Festival del Cinema di Venezia, di cui era Presidente , e così lei poté avere un suo primo impiego come public relation alla delegazione Francese che presentava al Festival il film di Alain Resnais “L’année derniere à Marienbad” con la scenografia di Alain Robbe-Grillet. Fu un’estate bellissima per lei, con delle ottime esperienze lavorative, sia come traduttrice dei testi, sia come interprete per gli incontri con i giornalisti. Una volta laureati a Ca’foscari come allievi di Siciliano, si poteva confidare in una buona carriera perché dopo tutto si era ben preparati e con una buonissima conoscenza della lingua e letteratura.

Le due signore salirono poi le scale fino al primo piano, al primo bellissimo salone, che purtroppo per esigenze di spazio é stato diviso in varie sezioni. A destra c’era un corridoio che portava attraverso un passaggio nell’altro palazzo, a quella che un tempo era la Biblioteca. Ma le due signore si soffermarono subito dinanzi una porta, volendo entrare nella stanza perché lì avevano discusso la loro tesi, da lì erano uscite con un rotolo in mano, un rotolo del colore della loro facoltà, rosso bordeaux con bordi dorati e con il sigillo cafoscarino, il leone di San Marco dorato e incorniciato dalla scritta latina VENETIARUM UNIVERSITAS  IN DOMO FOSCARI,  un rotolo che conteneva il compendio di tante ansie e notti sveglie sui libri, un rotolo dal colore e dal sigillo segno del loro essere veneziani.

Al secondo piano ecco invece le stanze rimaste sempre uguali, ma inaccessibili, del Seminario di Francese, dove si studiava, si sostenevano gli esami e gli assistenti aiutavano gli studenti e li consolavano dopo un esito infelice di esami.  Li ricordarono tutti per nome, le due signore: - Ti te ricordi l’Arcangeli, e la Pieresca, la Stojcovich-Mazzariol e la Gregory, la lettrice di madre lingua che diceva di aver conosciuto tutti i grandi scrittori francesi degli inizi del secolo -. Chissà se era vero o solo frutto della sua fantasia per raccontar delle storie meravigliose di incontri letterari. Comunque le sue traduzioni erano ostiche non solo per il francese, ma anche per l’italiano da interpretare. Erano testi dei classici italiani che tradotti in francese ben poco avevano a che fare con un francese moderno. Però era molto gentile e ci introduceva in tutti gli ambienti francesi come all’Alliance Francaise e quando arrivavano le navi scuola dei cadetti della Marina Francese faceva sempre avere per noi laureande dal Consolato Francese gli inviti per il ballo sulla nave in Bacino e i cadetti ci venivano a prendere con le motovedette sul Molo ed era bellissimo!

Di fronte al Seminario di Francese c’é un aula bellissima con le trifore che danno sul Canal Grande... era l’aula per gli studenti di Economia e Commercio ed ora invece é una bellissima sala per le Conferenze e i Congressi. Sul Muro del corridoio antistante ecco le foto di tutti i Rettori e Siciliano é lì con il suo sguardo un po’ cinico, in una foto che lo ritrae abbastanza giovane.

Dinanzi al Seminario di Francese si ricordò benissimo che era uscita dall’esame piangendo tutta presa dal nervosismo.... poi finalmente la Pieresca era uscita portandole il libretto con il 18 e lei pianse ancora di più , suo padre invece la prese per un braccio dicendo: - Andemo, andemo che la sia finita  basta  adesso i esami xé finii te pol respirar e pensare solo alla laurea... Cossa  te vol che sia un 18! -.

Era vero, cosa può contare un voto paragonato a tutte le difficoltà della vita!  E lei di difficoltà ne aveva avute tante. Era giovane e spensierata a quel tempo  e poi nel preparare la tesi si era trovata in una biblioteca a Grenoble dove, alzando gli occhi dai libri, aveva incontrato due occhi meravigliosamente scuri e neri con uno sguardo di velluto ma ironico allo stesso tempo. Ed era stata come stregata e quello sguardo e dopo tante difficoltà, lui la portò a vivere in un paese molto lontano dalla sua Venezia, in un paese fatto di grandi laghi, di lunghi inverni, di neve e ghiaccio, dove al posto del Canal Grande c’è un fiume immenso e grande come il mare il San Lorenzo.

Le due signore salirono infine al terzo piano, ma non poterono entrare nell’aula Besta che era diventata tutta uffici. In quell’aula avevano fatto i loro esami scritti, le loro esercitazioni, in un’aula affollatissima di almeno 200 studenti, se non di più e ora non c’era nulla di tutto questo. L’università era stata ristrutturata ed erano passati tanti anni ma era sempre la bellissima e storica Ca’ Foscari, dove le due Alumnae rivivevano i ricordi più belli della loro gioventù.

 

Je suis la Noire. Veneziana e cafoscarina d’antan, Maria Luisa Covassi

Non mi ero iscritta subito a Ca’ Foscari. Ero incerta fra lingue, medicina e lettere e alla fine avevo deciso per Lettere a Padova. Ma il Liviano era buio e triste e il corso monografico era sulla Gerusalemme Liberata e io mi sentivo in prigione, come il Tasso.

In quei giorni accompagnavo la mia più cara amica che s’era iscritta a Ca’ Foscari: mi parlava di lezioni che si aprivano su orizzonti lontani e poi quando salivo sul ponte bianco prospiciente l’Università mi sembrava di volare.

E proprio l’idea del volo mi ha fatto cambiare, in brevissimo tempo, l’università e la facoltà.  Eccomi a Ca’ Foscari.

Ca’ Foscari! Entravi timidamente nel cortile dove crocchi di persone erano sparsi qua e là. Sembrava uno dei campielli goldoniani, ma vi predominava l’elemento maschile che scrutava e catalogava, mentre le ragazze sfilavano via rapidamente, entravano a sinistra, costeggiavano la vetrata e s’infilavano nel Gineceo, così era chiamata una stanza riservata alle donne, dove si poteva sostare, studiare, ma anche guardarsi allo specchio, sistemare trucchi e capelli prima di affrontare il pubblico.

Poi salivano le scale: al 1° piano Inglese, al 2° piano Francese e Tedesco, luoghi santificati di meditazione, per Spagnolo si scendeva nell’ala laterale del palazzo, in un’atmosfera più rilassata. Era interessante notare come gli studenti, a seconda del Magistero che seguivano, assumevano pian piano le fattezze e gli stili comuni a quel tipo di disciplina e di insegnanti: freddine e vittoriane quelle di inglese, folli le francesi, un po’ ingabbiate quelle di tedesco ma irradiate da luci luminose, e spensierate e rilassate quelle di spagnolo.

Al 3° piano l’aula Besta accoglieva moltitudini di studenti, sia di Lingue che di Economia: qui scorrevano grandi letterati ma anche grandi luminari di finanza ed amministrazione.

Ma lì vi entravano anche le luci del Canal Grande che illuminavano dispense, libri, appunti, prove d’esame e aprivano pause di estasi.

Man mano che gli anni passavano Ca’ Foscari diventava sempre più familiare anche se i miti persistevano e richiedevano riti di iniziazione e di purificazione sempre più severi. Siciliano, Mittner, Cellini, Rossi, Cavaliere, Meregalli: quanto ci avete fatto amare i mondi affascinanti di Francia, Spagna, Germania, Inghilterra, Provenza, Castiglia ma anche il mondo latino (Rossi, quanto ci hai affascinato con Catullo e Orazio).

Una linfa che ha nutrito la nostra vita e ci ha permesso di capire e di spaziare in mondi lontani.

E tu caro prof. Siciliano, ti sei fatto apprezzare anche se avevi lo sguardo sprezzante e supremo, mi hai fatto stregare dalla letteratura: schiava per sempre di Baudelaire e di Rimbaud.

E l’apoteosi è avvenuta alla mia laurea, tesi su Breton e surrealismo. Vi siete alzati tutti in piedi, tutti togati per darmi uno splendido 110. Fuori dalla porta ho pianto per la commozione. A quei tempi il 110 significava che ti chiamavano a fare l’assistente e in effetti dopo alcuni mesi il serenissimo Rettore mi chiamava, ma io, ormai, ero presa dalla vita, insegnavo, amavo la scuola, ero in procinto di sposarmi , e ho rinunciato ma questo rimpianto poi, me lo sono portato dietro tutta la vita.

L’anno successivo vincevo assieme ad un altro collega, la borsa del Premio G. Luzzato dell’Associazione “P. Lanzoni” fra gli Antichi Studenti di Ca’ Foscari

Poi ho insegnato, ho fatto la Preside, la critica d’arte e letteraria, ho pubblicato vari scritti anche con il Centro Linguistico interfacoltà, e da 15 anni metto in scena assieme ad attori, cantanti, musicisti, videomakers, proprio quelli che ho studiato a Ca’ Foscari: Lorca, Kafka, Rilke, Baudelaire, Rimbaud, Surrealismo, Futurismo, Shakespeare, ecc. ecc.

E ora ritrovare Alumni mi ha molto emozionato: giovani in gamba che perseguono con strumenti e linguaggi d’avanguardia lo spirito cafoscarino. Alumni ha nel nome le luci e le fosforescenze dello studio, della passione, della ricerca e della conoscenza.