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Nicola Chiaranda

Facoltà: Economia e Commercio

Nicola Chiaranda

In occasione della TUxTU del 16 Aprlie 2019 abbiamo intervistato Nicola Chiaranda, veneziano, Laureato in Economia e Commercio all’Universita’ Ca’ Foscari di Venezia con il massimo dei voti (1988). Dal 2018 e’ il CFO della Saudi Agribusiness e Livestock Investment Company (SALIC), la holding di investimento con il mandato di assicurare la sicurezza alimentare del’Arabia Saudita, detenuta dal Fondo Sovrano dell’Arabia Saudita.

 

  1. Quali sono stati il percorso e l’esperienza universitaria?

Sono veneziano e, dopo il Liceo Classico Marco Polo, mi sono laureato in Economia e Commercio con una tesi, diretta dal professor Candido Fois, sull’introduzione delle cambiali finanziarie in Italia (nel 1988, quando mi sono laureato, ancora non c’erano). Degli anni di Ca’ Foscari ho amato molto la multidisciplinarietà, con i suoi corsi che spaziano dall’economia, al management e al diritto.

Ho cercato di imparare il più possibile frequentando anche insegnamenti, come quello di Diritto Fallimentare del caro Professor Giulio Partesotti, senza sostenere l’esame, giusto per apprendere la materia quando il docente era bravo, oppure di andare a convegni, seminari, workshop, per allargare i miei orizzonti, per capire meglio la realtà. Il mio obiettivo è stato, fin dall’inizio, di terminare gli studi in fretta (mi sono laureato in 4 anni esatti).

  1. Una volta laureato, che scelte professionali hai fatto? Ci puoi raccontare un po’ il tuo percorso professionale?

Pur avendo ricevuto parecchie offerte aziendali, dopo la laurea feci per tre anni il Dottore commercialista, da Giancarlo Tomasin a Venezia. Allo stesso tempo, facevo il Cultore della materia di Diritto Commerciale, all’Università di Venezia con Candido Fois e Giulio Partesotti. L’attività di commercialista non era la mia vocazione e quindi, entrai prima come fiscalista in Assicurazioni Generali a Trieste nel 1991, poi come fiscalista internazionale in Montedison a Milano nel 1994.

Furono anni di grande formazione, sia in Generali, sia in Montedison, allora in mano alle banche, con Enrico Bondi, Guido Angiolini, Fulvio Conti (poi CEO dell’Enel). Quelli di Milano furono anni di grande crescita professionale, ma anche di rischio e incertezza nel futuro. Fu soprattutto triste assistere alla fine del grande capitalismo italiano con la vendita della chimica (Himont, Ausimont), della farmaceutica (Farmitalia Carlo Erba, Antibioticos), del cemento (Calcestruzzi, Heracles in Grecia), delle assicurazioni (La Fondiaria) e dei media (ll Messaggero, Telemontecarlo).

Il mio percorso continuò a Parigi, come Direttore fiscale di Eridania Beghin Say, la divisione agroalimentare del Gruppo Montedison. Era il 1998, l’anno in cui sono uscito dall’Italia. Nel 2001, Electricité de France & Fiat  fecero un’OPA sulla Montedison, col l’obiettivo di controllare la Edison. A quel punto Eridania Beghin Say (10 Miliardi di euro di fatturato, quotata alla borsa di Parigi) fu divisa in quattro divisioni, zucchero, amido (Cerestar), olio (Cereol), nutrizione animale, poi vendute separatamente.  Dell’impero industriale di Ferruzzi e di Montedison non restava ormai nulla in mano italiana.  

Dopo aver fatto per un anno il CFO della Cerestar, nel 2002 entrai in Cereol, che era stata comprata dalla Bunge, colosso dell’agroalimentare quotato alla borsa di New York, nella quale restai per 15 anni, fino al 2017. Nella Bunge ricoprii diverse posizioni: Controller e Tax Director per l’Europa, Strategy & Business Development Director Europa a Ginevra, Global Agribusiness Strategy Director a New York e CFO per l’Europa a Barcellona.

Dal 2018 sono il CFO della Salic (Saudi Agricultural Livestock Investment Company) fondo di investimento che si occupa di food security per conto del governo dell’Arabia Saudita, basato a Riyadh. Qui posso mettere a frutto le mie competenze finanziarie e di merger & acquisitions nel campo agroindustriale.

  1. Che consigli da a chi oggi studia economia?

L’economia è un campo vasto, ed è bene, soprattutto all’inizio, avere orizzonti ampi, cercare di capire quello che ci piace, che ci riesce di fare bene e che il mercato richiede. Capire se siamo più portati per la vita aziendale, per un’attività professionale o per fare gli imprenditori e occuparsi un po’ di tutto e di gestirne i rischi.

Da un lato occorre avere una buona specializzazione perché le aziende cercano degli specialisti, almeno inizialmente. Dall’altro lato progredire nel mondo d’oggi, a livello aziendale o, comunque, di mercato, richiede diverse competenze, per cui è importante sapere e saper fare tante cose: impara l’arte e mettila da parte, diceva mia nonna!

E’ utile aver nozioni di antropologia, sociologia, psicologia, saper fare delle cose complesse come guidare una barca a vela, o fare yoga, meditare, fare pesca subacquea. Allo stesso è importante acquisire competenze utili, come il project management, il problem solving, il design thinking e saper presentare efficatemente.

Per imparare tante cose e continuare a farlo per il resto della vita, è importante essere curiosi, non aver paura di fare domande, per timidezza o troppo orgoglio e per capire come funzionano le cose.

  1. Per chi si affaccia al mondo aziendale oggi, che cosa è meglio fare? che cosa cercano le aziende?

Per chi si dirige verso il mondo aziendale, il mio consiglio è, all’inizio, di cercare aziende grandi, che formino, che diano la possibilità di svolgere attivita’ diverse, di fare job rotations, di lavorare all’estero, che abbiano più sensibilità etica e che investano in diversità. Spesso, tra l’altro, sono lì le persone migliori, dalle quali imparare di più in campo aziendale.

Dal loro canto, le imprese cercano persone con voglia di lavorare, persone di fiducia sulle quali contare, con capacità tecniche, di analisi, che parlino lingue diverse, in grado di apprendere cose nuove, velocemente, di trovare soluzioni a problemi, capaci di agire in autonomia, in grado di lavorare in team (e in Italia non siamo tanto bravi in questo!), che conoscano il project management e che siano flessibili (per esempio con disponibilità a lavorare all’estero)

  1. Infine, come si può riconoscere se qualcono/a ha la stoffa per diventare un buon finanziario/a?

Direi che si vede da questo:

  • Gli/le piacciono i numeri e i dettagli (financial acumen)
  • Gli/le interessa capire quali sono gli elementi chiave che influenzano il business ? (business acumen)
  • E’ capace di riconoscere le cause e gli effetti (come un buon dottore!)
  • E’ capace di comunicare facilmente e chiaramente (communicator)

Se qualcuno non si riconosce in questi punti, certamente ha trovato la sua strada e il successo in qualcos’altro o, in ogni caso, li troverà. C’è spazio per tutti, basta darsi da fare per individuare e costruire il proprio futuro.