Patrizia Pierazzo
Complici i media che in Italia - ogni giorno - bombardano con notizie dal Regno Unito, Londra e’ diventata la meta preferita degli emigranti italiani. Ce ne sono tantissimi: arrivano, molti restano in media un paio d’anni, si divertono, lavorano duro e imparano molto, fanno esperienze di vita e poi tornano in Italia.
La mia storia e’ diversa: io a Londra ci sono arrivata a 28 anni, stremata da una ricerca di lavoro faticosa e inutile, perche fare l’archeologo in Italia e’ un’impresa impossibile. Nessun valore a laurea, esperienza di lavoro sul campo, tesi di ricerca impegnativa. L’unica cosa che mi permetteva lavorare e mantenermi era la conoscenza delle lingue e la mia naturale propensione a lavorare con il pubblico. Tanti anni di studio buttati via (temevo…).
Cosi sono partita, in tasca un posto da volontario Assistente Curatore presso il Museum of London, ottenuto dopo mesi di contatti e un colloquio, e pochi risparmi sufficienti per vivere a Londra per 3 mesi. Il trasferimento e' stato molto duro, passare da Venezia a Londra un salto sicuramente enorme tuttavia correre rischi spesso e' la scelta migliore che si possa fare. Un cambiamento che ha migliorato la mia vita e ha favorito enormemente la mia crescita umana e culturale. Qui ho imparato una professione e ho imparato ad usare le mie competenze, anche se tra mille difficolta': la lingua prima di tutto e poi la mia scarsa conoscenza di storia e archeologia Inglese ai tempi del trasferimento, e' stato un po' come prendere una seconda laurea e ricominciare da zero.
Il settore dei beni culturali qui funziona, e' tutto molto organizzato tutelato dalla legge e non esistono i cantieri bloccati per anni che, comprensibilmente, spaventano i costruttori in Italia. C’e’ un budget, un tempo limite e si lavora finche i mezzi meccanici demoliscono o costruiscono l’edificio in questione. Non e’ facile… tuttavia il sistema funziona e il settore si autofinanzia e sopravvive bene.
Infatti dopo quasi 9 anni sono ancora qui, la mia vita e la mia carriera sono naturalmente cambiate ma faccio ancora un lavoro che mi appassiona ogni giorno e che purtroppo l’Italia, nella sua complessità, mi ha negato e immagino continuera' a negarmi anche in futuro. Dall’archeologia di cantiere alla consulenza, la mia carriera negli ultimi tempi si e’ evoluta, sempre all'interno dello stesso settore. Dopo piu' di otto anni nella piu' grossa compagnia archeologica del paese sono stata assunta da un'azienda che si occupa di ingegneria integrata alla conservazione dei beni culturali. Non l’ho nemmeno cercato questo lavoro, sono stata ‘head-hunted’ in un momento in cui non pensavo neppure di cercare lavoro nuovo considerato che ero gia' incinta della mia seconda figlia. Nel mio lavoro ho il lusso di avere un contratto a tempo indeterminato con contributi vari (come la pensione). Inoltre, ho la possibilta di migliorare attraverso corsi, pagati e incoraggiati dal mio datore di lavoro. Fantascenza per l’Italia. Un peccato, considerando che la nostra formazione universitaria e’ (o almeno lo era) il fiore all’occhiello d’Europa.
Fa parte del mio ruolo fornire consulenze a costruttori, architetti e ingegneri che vogliano costruire in un cantiere che contenga dei beni culturali o alterare/estendere il patrimonio storico attraverso nuove costruzioni. La filosofia dell’azienda è molto interessante, c’è commistione tra le specializzazioni e spesso mi trovo a dover imparare elementi di ingegneria - che non mi sarei mai aspettata - ma che mi permettono di poter avere una visione piu' completa del progetto e quindi di giudicare meglio gli interventi.
Certo non smetterò mai di sognare di poter avere un lavoro che mi soddisfa e la mia famiglia in Italia (come donna so che e’ ancora un sogno difficile) poiché è un paese che amo ancora molto, soprattutto per il suo patrimonio storico e architettonico e per la migliore qualita' della vita. Magari in futuro.
(Pubblicato l'11 dicembre 2014)