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Intervista a Francesco Barbato, Londra

Francesco Barbato vive a Londra e lavora nel team di Risk and Finance Solutions di Moody’s Analytics negli uffici di Canary Wharf. Si è laureato in Commercio Estero e in Entrepreneurship a Ca’ Foscari e ha conseguito un Master in Finance all’EM Strasbourg Business School con il massimo dei voti.

Secondo il tuo punto di vista come sta rispondendo alla pandemia la società del Regno Unito e quali analogie/differenze trovi con la risposta italiana?

Dopo una prima fase un po’ critica, in cui il PM Boris Johnson ha avuto modo di sperimentare in prima persona l’immunità di gregge, dal mio punto di vista devo dire che il Regno Unito ha risposto piuttosto bene. Non sono state prese misure eccessivamente drastiche, come l’autocertificazione e l’obbligo di rinchiudersi in casa, e questo ha permesso, nel bene o nel male, di condurre uno stile di vita tutto sommato regolare. Tuttavia, se il lockdown fosse iniziato con un po’ di anticipo (lecito visto quello che stava succedendo negli altri paesi) e con qualche misura più severa, come l’obbligo di guanti e mascherine, forse oggi non saremmo ancora uno dei Paesi con il numero di casi più alto in Europa.

Nella tua città qual è la sensazione più forte o il fenomeno più strano di questi giorni?

Sicuramente il contrasto tra la Canary Wharf piena di gente in giacca e cravatta e sempre di corsa e la Canary Wharf di oggi in cui, di corsa, ci sono solo io durante la mia attività fisica quotidiana. Poi qualche settimana fa, per la prima volta dopo mesi, ho noleggiato una bici e ho fatto un giro per il centro. Correre per le strade deserte ed imponenti che solitamente ero abituato a vedere super affollate e trafficate è stato piuttosto sconcertante. Però allo stesso tempo mi ha permesso di vedere la città come non l’avevo mai vista prima e di apprezzarla ancora di più.

Canary Wharf deserta

Com'è la tua "giornata tipo" in lockdown?

In realtà molto simile alle mie giornate di sempre. Mi sveglio intorno alle 7.30 e vado a correre, poi faccio colazione ascoltando dei podcast sulle principali notizie del giorno e verso le 9/9.30 inizia la giornata lavorativa. Tendenzialmente cerco di ritagliarmi un’ora per la pausa pranzo in cui stacco dal computer, anche se per assurdo da quando lavoro da casa mi viene difficile, e poi si va ad oltranza fino alle 18.30/19. Finita la giornata lavorativa inizia il giro di chiamate con famiglia e amici che, devo dire, sento molto vicini nonostante la distanza. Nel mentre, mi dedico alla cucina, altra mia grande passione, per poi concludere la serata con un libro e una serie TV. Durante il weekend non cambia molto, mi dedico allo sport e alla cucina e, tutto sommato, avendo 4 coinquilini (tutti di nazionalità diverse), sembra di stare tra amici. A turno ognuno di noi cucina qualcosa di tipico per gli altri e poi passiamo il resto tempo tra giochi di società, videogames e ping pong.

Parliamo di mondo del lavoro. Come sta cambiando il tuo settore? Quali strategie saranno necessarie per superare questo momento e cosa consigli ai giovani che vorranno entrare a farne parte?

Nel mio settore, da quando è iniziato il lockdown si lavora più di prima. In questi periodi di crisi le aziende e le banche hanno sempre più bisogno di strumenti per la gestione dei rischi, motivo per cui Moody’s dopo aver risentito di una brusca ma fisiologica frenata si sta riprendendo bene. Per questo motivo, nonostante l’attuale politica di “hiring freeze”, sono fiducioso che la situazione si possa sbloccare in tempi brevi. Da un punto di vista lavorativo, lo smart working era qualcosa di già diffuso in azienda, soprattutto tra i manager, ma credo che dopo questa crisi sarà ancora più utilizzato e accessibile a tutti. Io personalmente non sono un grande sostenitore dello smart working full time, ma sono fortemente convinto che con il giusto mix si possa ottenere un notevole aumento della produttività.