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Intervista a Federica Baggio, Bruxelles

Federica Baggio vive a Bruxelles, dove lavora al Parlamento Europeo come assistente del Segretario Generale di un Gruppo politico. Si è laureata a Ca’ Foscari nel 2004 in Lingue, Arti, Storia e Civiltà. Ha proseguito poi il suo percorso di studi all’Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano dove ha conseguito una laurea specialistica in Management Internazionale.

Secondo il tuo punto di vista come sta rispondendo alla pandemia la società del Paese in cui vivi e quali analogie/differenze trovi con la risposta italiana?

Qui in Belgio abbiamo recepito “in differita” quasi le stesse misure messe in atto in Italia. Siamo entrati in isolamento il 18 di marzo, ma a differenza dell’Italia abbiamo potuto continuare a muoverci all’aria aperta e ciò ho reso la situazione sicuramente più sopportabile. Posso senza dubbio affermare che il clima era meno “di terrore” rispetto al nostro Paese nonostante questo piccolo Stato abbia registrato il più alto tasso di mortalità da Covid-19 all’interno dell’UE, oltre al tasso di letalità più marcato.

  

Nella tua città qual è la sensazione più forte o il fenomeno più strano di questi giorni?

Dopo ormai diversi anni passati in questo Paese, non posso esimermi dal dover ammettere che il Belgio è un Paese assai bizzarro. Come forse saprete, assieme alle praline e alla birra, l’altra grande eccellenza culinaria nazionale sono le frites. Il Belgio è il primo produttore al mondo di patatine fritte surgelate e al momento, con la chiusura di bar e ristoranti e il rallentamento dell'export, ha i magazzini colmi, stipati con ben 750mila tonnellate di tuberi invenduti e a rischio di marcescenza. Da qui l'idea di rivolgersi ai cittadini, invitandoli ad aumentare il consumo interno e a mangiare le patatine fritte cucinate in casa almeno due volte alla settimana.

 

Com'è la tua "giornata tipo" in lockdown?

Il Parlamento europeo, già da metà marzo ha chiesto a tutti coloro che fossero nelle condizioni di lavorare da casa di non recarsi in ufficio. In pochi giorni gli enormi edifici di vetro si sono svuotati e solo il personale strettamente necessario ha continuato ad occupare le scrivanie fisiche. Assistendo il Segretario Generale di un Gruppo politico, la mia routine lavorativa non è cambiata molto e mi sono spesso recata in ufficio con tutte le precauzioni del caso. Gli edifici erano deserti (parlo al passato perché la situazione sta lentamente cambiando) e le misure messe in atto per garantire il benessere di noi dipendenti così scrupolose, che mi sono sentita più al sicuro alla mia scrivania, che nel mio appartamento.

Parliamo di mondo del lavoro. Come sta cambiando il tuo settore? Quali strategie saranno necessarie per superare questo momento e cosa consigli ai giovani che vorranno entrare a farne parte?

Anche nelle istituzioni, nonostante si sia cercato di mantenete la continuità operativa, la macchina amministrativa si è resa conto di doversi  profondamente riorganizzare, partendo dalla digitalizzazione del lavoro. In Parlamento si recano quotidianamente persone provenienti da 27 Paesi e potete immaginare il numero di spostamenti implicati. La quarantena ha reso evidente che spesso anche un incontro virtuale può essere efficace e che non è sempre necessario macinare migliaia di chilometri per incontrarsi di persona. Ma la politica è fatta di discussioni ed incontri e i deputati fremono per tornare alla vita di prima. A poco a poco si comincia a respirare aria di normalità e si apre anche qualche spiraglio per le nuove assunzioni. Confido nel fatto che presto nuove reclute, preparate e interessate al lavoro delle istituzioni, tornino a popolare i corridoi tristemente vuoti.